Ritrovamenti archeologici.

 

Nel 1935 un contadino che arava il suo campo in località Turriga tra Senorbì e Selegas trovò tra dei massi ad una profondità di un metro circa uno strano oggetto che gli fece pensare ad un piolo di pietra. Portò questo oggetto a casa ignaro ovviamente della scoperta che aveva fatto.
                                                                                                                     
Col tempo fu abbandonato su un muretto del cortile della casa e fu scoperto dal Dottor Massimo Coraddu, senorbiese e medico condotto, che ne intuì subito il grande valore archeologico e lo fece analizzare con cura. Assicurò così alla cultura sarda e di tutta l’area mediterranea un pezzo di indubbio valore che oggi costituisce uno dei più pregevoli reperti del Museo Archeologico di Cagliari. Il reperto ritrovato era infatti un idoletto preistorico rappresentante la divinità femminile delle genti prenuragiche e ormai noto come la Mater Mediterranea di Senorbì. Questa statuetta viene dalle isole Cicladi dove fiorì una grande civiltà con al cento l’isola di Creta e fa parte di quel gruppo di statuette marmoree note come “idoli delle isole” rinvenute in varie località del mediterraneo e che si fa risalire alla fine del terzo millennio o ai primi del secondo millennio avanti Cristo.
In tutta la Trexenta e quindi anche a Senorbì, sono stati numerosi i ritrovamenti di straordinari reperti archeologici che gli scavi di esperti hanno riportato alla luce. Tra i numerosi ritrovamenti merita una menzione particolare il bronzetto nuragico raffigurante un guerriero con un elmo provvisto di alte corna, ritrovato nel 1841 in località Bintergibas a sud-est di Senorbì. Questa statuetta fu denominata Miles cornutus proprio in virtù delle altissime corna presenti sull’elmo. L’importante bronzetto nuragico viene custodito all’interno del Museo Archeologico di Cagliari e rappresenta quasi con certezza uno dei primissimi abitanti della zona. La statuetta forse era un ex voto lasciato come offerta in un luogo di culto di cui si è persa ogni traccia e ci autorizza a pensare alle tante guerre che le tribù combatterono tra loro. Ci autorizza anche a ricordare l’ultima grande guerra che la civiltà nuragica fu chiamata a combattere contro i nemici che venivano dal mare. I nemici venivano da Cartagine nel sesto secolo A.C. che grazie alla loro superiorità dovuta all’esperienza militare e alle armi in loro possesso riuscirono a piegare il coraggio dei sardi.

Nella Trexenta sono rimaste anche molte testimonianze della civiltà nuragica. Chi abbia portato in Sardegna questa nuova tecnica di costruzione che usava solo grossi massi senza malta, simile alle tecniche usate per gli edifici a falsa cupola di Micene e Tirinto resta un mistero. I nuraghi in Sardegna sono oltre 6 mila e restano come segno di quella civiltà che si affermò in tutta l’isola, per un millennio circa, dal 1500 al 500 A.C., ricordo e simbolo di un periodo storico che la mitizzazione fa pensare vissuto dai sardi nella libertà e nel benessere che rare volte nella storia seguente si poterono riavere. Nel territorio di Senorbì troviamo tre importanti nuraghi: a Sisini, sul Monte Uda e sul colle di Simieri. Il nuraghe di Sisini sorge a sud del paese e si può notare che dopo il crollo della cupola restano alti muri perimetrali formati da poderosi massi coperti di lichene rossiccio. Esso resta in vista degli altri nuraghi della zona e sicuramente faceva parte dei sistemi di avvistamento e di difesa presenti anche sui monti incombenti di Siurgus e di San Basilio. Il nuraghe di Monte Uda, del quale restano solo pochi massi del basamento della torre, sorge sul cucuzzolo più alto del sistema montuoso che separa il territorio di Senorbì da quello di Barrali. Esso rappresentava un importante punto di vedetta che dominava tutta la Trexenta e un buon tratto del Campidano. Il nuraghe di Simieri sorge lungo la strada che da Senorbì porta ad Ortacesus. Di questo importante nuraghe restano vistosi resti della torre centrale la cui cupola è però crollata e la cui parte inferiore potrebbe essere sepolta dalla terra che il maestrale vi ha accumulato nel corso dei secoli.

Molto importanti risultano essere le testimonianze della presenza punica nella Trexenta rinvenute grazie agli scavi archeologici avvenuti a Monte Luna, una collinetta a un chilometro e mezzo a sud-est di Senorbì. La più importante scoperta è rappresentata dalla necropoli. Essa è separata dall’acropoli da poche decine di metri. Recenti scavi hanno riportato alla luce circa 120 tombe, di varia tipologia. Si tratta per lo più di tombe a pozzo, con camera ipogeica aperta di lato, sul fondo. I corpi dei defunti venivano posti dentro bare o appoggiati su barelle di legno, a volte ornate con stucchi e borchie metalliche, avvolti in sudari di cui si sono ritrovate tracce. Questi corpi venivano seppelliti, anche con una certa frequenza, con gioielli personali e altri oggetti di loro appartenenza. Durante gli scavi infatti riaffiorarono numerosi gioielli tra cui collane bracciali ed anelli, in oro, argento ed altri materiali.
L’acropoli invece sorgeva in una collina in direzione di Rio Santu Treu, all’altezza di Funtana Noa, dove si possono notare i resti imponenti delle strutture murarie. Nell’area si possono notare resti di strutture edilizie, pavimenti in coccio pesto, frammenti di intonaci colorati, reperti ceramici che possono farci pensare a resti di importanti edifici pubblici. Verso sud-ovest si trovava la città bassa, forse più antica della cittadella ma con strutture più modeste. Si può solo intuire, in mancanza di testi scritti e altre testimonianze, la vita di questa città ritrovata, che fa pensare ad una cittadella militare, dove si alternavano periodicamente le guarnigioni dei soldati provenienti anche da terre lontane. Qui si pensa che siano avvenute grandi guerre, grossi traffici e scambi commerciali da e verso il mediterraneo, visite di importanti generali cartaginesi e funzionari dello stato, ma anche la semplice vita quotidiana degli abitanti di questa città.
Nel territorio della Trexenta si rivelano anche massicce presenze romane, come testimoniano gli scavi archeologici effettuati nella zona, che oltre ad aver riportato alla luce i resti delle civiltà nuragiche e puniche, mettono in risalto la presenza dei romani in tutto il territorio. Monte Luna rappresenta certamente il centro più importante in epoca romana che cessò di esistere intorno al quarto secolo, probabilmente a causa della forte crisi dell’impero centrale in quel periodo che non riusciva più a difendere i centri minori da invasioni e cruenti guerre. Si ipotizza infatti che gli abitanti superstiti si siano trasferiti altrove dando origine al centro di Senorbì. 


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